Mumford & Sons

Per i Mumford & sons il Circolo degli Artisti di Roma il 15 luglio era tutto esaurito. Era andato esaurito anche il loro concerto del primo maggio, cancellato all’ultimo momento per un problema di voce del cantante.
Qualcosa vorrà dire.
Altri dettagli da scrivania.
Ventenni, tre EP alle spalle, a ottobre 2009 hanno pubblicato il loro primo disco con la Island (Sigh no more), Wikipedia dice che hanno scalato la classifica britannica fino all’undicesima posizione, pubblicato un singolo anche in Australia e fatto più di 250 date in due anni. Inoltre, Marcus Mumford è fidanzato con Laura Marling, considerata da qualcuno l’enfant prodige del folk-rock inglese (i due competono, ora, per il Mercury Prize).
Sarà l’energia dei vent’anni, sarà la rapidissima ascesa a caricarli, ma già dall’inizio del concerto si capisce che non sono per niente inibiti dalle feroci temperature dei giorni dell’allerta-caldo, a Roma, al chiuso, con cinquecento fan assiepati gli uni agli altri al limite della capienza del Circolo, per giunta scatenati. Come timida difesa, Mumford il titolare sfoggia una canotta bianca, forse a coste, cosa che fa molto folk. Vedere il contrabbasso e il banjo elettrificato fa ancora più effetto e solo dopo aver consumato la curiosità frivola per le loro facce, gli strumenti, la fisicità sul palco, mi concentro sulla musica e scuoto la testa in segno di approvazione: questo è il grado zero del folk-rock, absolutely. (O dell’indie-folk-rock. Sì, insomma, quella cosa che suonano anche gli Okkervil River). Nel senso che è da manuale. Nel senso che, dovessi spiegare il genere a qualcuno, gli darei il loro disco. Poi constato con gioia che sono polistrumentisti – c’è un certo movimento intorno agli strumenti, sul palco – e decido che superano a pieni voti la prova da musicisti (per me è il loro concerto), e, considerato l’agitarsi del pubblico e la partecipazione entusiastica delle retrovie, anche la prova da live performer.
Si dice che la riuscita di un concerto dipenda da tante variabili e quelle climatiche, il 15 Luglio al Circolo, erano decisamente ostili alla vita umana: abbiamo sofferto, sì, ma non così gravemente come avremmo dovuto, e il merito è tutto loro. Quelli che li hanno visti a Bologna il 30 aprile dicono che questa volta sono stati più brevi e meno trascinanti, cosa che alimenta la sorpresa e la considerazione. Chi, accanto a me è meno concentrato sulla musica, avverte una nota di melensaggine nei testi (abbiamo poi calcolato che nel disco la parola “heart” ricorre 41 volte, seguita da “love”, 19 volte), e su questo ci aspettiamo che lavorino sodo.
Mi viene in mente adesso l’immagine, vagheggiata da qualcuno, di un manipolo di londinesi infilati a forza dentro camicie a quadri e scarpe da fattore e non posso non sorridere: il successo improvviso, evidentemente, rende diffidenti, e l’etichetta da subito così importante crea invidia  e sospetto. Comunque, se avevano qualcosa da dimostrare, questi quattro ventenni l’hanno fatto.

Link utili:

(testo di A. Fiori, foto di A. Fiori e F. S. Cauli)

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2 thoughts on “Mumford & Sons”

  1. […] da: Snap the World Mumford & Sons @ Circolo degli Artisti © Francesca Sara Cauli 2010 Per i Mumford & sons […]

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