In Lituania i tovaglioli sono 10×10 e spesso a singolo velo.

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Vinius, Lietuva.

In Lituania i tovaglioli sono 10×10 e spesso a singolo velo.

Lituania in lituano si dice Lietuva, parola che ricorda molto il nostro “lieto”, però i lituani non sono per niente lieti. Una volta sono capitata a colazione in un piccolo spaccio di dolci, ho preso una pasta e un caffè, mi sono seduta e la donna dietro il banco non ha mai smesso di guardarmi in cagnesco. No, non c’era nessuno, era proprio me che guardava male. Un tipo è entrato, ha preso tre bottiglie di birra ed è uscito mentre lei lo salutava con calore. Quando sono uscita, io pure ho salutato, ma la donna non ha neanche alzato lo sguardo dalle sue parole crociate. Sarei voluta rientrare per dirle che comprare tre bottiglie di birra alle 10 del mattino non è una cosa per cui fare le feste, mentre io col caffè e la pasta, forse, non meritavo tanta ostilità, ma comunicare in Lituania non è cosa. Difatti non capita, ma quando capita che i lituani ti capiscano o che ti sorridano, è una cosa così rara che poi non la dimentichi. A me è successo solo una volta – un sorriso! – per aver detto grazie in lituano (dèkoju). Visto il risultato, ci ho poi riprovato: niente da fare.

Degli stati baltici – Lituania, Lettonia, Estonia – in genere uno sa che sono repubbliche ex-sovietiche e basta, nonostante l’indifferenza globale, c’è vita lì. Per esempio la Baltic Way. Per rivendicare il diritto alla libertà e all’indipendenza, il 23 agosto 1989 alle 7 di sera i baltici si sono messi tutti d’accordo, si sono presi per mano e hanno formato una catena umana dalla Lituania all’Estonia attraverso la Lettonia. Bellissimo! Per chi dovesse chiedersi, come ho fatto io, se alla manifestazione abbiano davvero partecipato così tante persone da coprire senza interruzioni 600 e rotti chilometri, posso assicurare che non solo non ci sono stati buchi, ma addirittura che molte persone non hanno trovato posto lungo il percorso e hanno dovuto formare lunghe e numerose ramificazioni. L’indipendenza per le tre repubbliche è arrivata nel 1991, cioè due anni dopo, però l’89 è l’anno che tutti lì ricordano con più emozione.

La capitale della Lituania è Vilnius, città ai più sconosciuta se non a quelli che ricordano che il personaggio di Sean Connery in Caccia a Ottobre Rosso era soprannominato chiamato il Vilnius Nastavnic, cioè il professore di Vilnius. Si dice che Vilnius sia una città barocca. Più precisamente lo sostiene l’autore della Lonely Planet che articola il concetto con entusiasmo: “a city of immense allure, as beautiful as it is bizarre”. Che prima questo signore abbia visto solo il deserto dei tartari? È che Vilnius è barocca come Avezzano. No, adesso esagero, però la delusione c’è stata. Tante chiese, sì, con qualche ricciolo sulle facciate, l’intonaco fresco a toni pastello – rosa, giallo, beige – ma chi viene a Vilnius non viene certo per questo. Un italiano mi ha detto che erano 8 anni consecutivi che veniva qui a fare le vacanze. Chiacchierando mi ha accompagnato a vedere il monumento a Frank Zappa, una delle tante cose inspiegabili in Lituania (questa in realtà si spiega: è che amano il rock, qui oh, sì che lo amano!) e alla fine ho trovato il modo di chiedere: come mai questo legame con la Lituania? E’ che qui ho avuto delle storie…

Comunque trotterellando per la città e guardando i graffiti sparsi un po’ dappertutto, uno si convince che per fortuna il barocco dei poveri e il turismo sessuale non esauriscono Vilnius. Subito dopo capita che prendendo una discesa e sfiorando una chiesa pinnacoluta tardo-gotica (Sant’Anna) si oltrepassa un ponte e si finisce nella repubblica di Uzupis. Uzupis non è un’isola, ma è separata dal resto della città dal fiume Vilnelè, infatti il primo articolo della Costituzione di Uzupis è “Ognuno ha diritto a vivere accanto al fiume Vilnelè e il fiume Vilnelè ha diritto di scorrere accanto a ognuno”. Sul cartello stradale “Užupio Res Publika” c’è anche il limite di velocità a 20 km/h, un segnale di pericolo per l’attraversamento del ponte, uno smile e una Gioconda stilizzata. Insomma, Uzupis è un quartiere di artisti e di squatters e la sua Costituzione dice che ognuno ha diritto all’acqua calda e al riscaldamento in inverno, che ognuno ha il diritto di morire (ma non è obbligatorio), il diritto di sbagliare, di essere unico, di essere indistinguibile, di oziare, di amare e prendersi cura del gatto, eccetera. Molto divertita, forse troppo, sono entrata nel negozio ufficiale di souvenir (di Uzupis!) e ho cercato di far parlare il ragazzo alla cassa. Non che mi aspettassi chissà che, però neanche una cosa vaga che suonava più o meno così: “Sì, la repubblica, vabbè, però è tutta una finzione….”.

Uno dei ponti sul fiume Vilnelè ha la ringhiera infestata da una specie di pianta parassita. No, sono lucchetti. Stupore: possibile che Moccia sia arrivato fino in Lituania? Così presto? Erano gli anni ’80 di Al Bano e Romina a furoreggiare nell’Europa dell’Est di pochissimi anni fa! Mi fa male constatare qui e ora che il gap con l’occidente sia ormai trascurabile: bisogna sbrigarsi per andare a vedere l’oltre-cortina-di-ferro o ci si dovrà accontentare dei cimeli sovietici fasulli che da anni già infestano Praga.

Ultima cosa, la più bella vista a Vilnius: Kablys, un edificio neoclassico in evidente stato di abbandono con un enorme e inspiegabile gancio sul timpano. La Lonely Planet ignora questa perla del Baltico (sì, lasciatela perdere, la Lonely Planet!) ed è solo rimestando su Google che si può scoprire che la bizzarra costruzione è / è stata:

  • la sede del dopolavoro ferroviario,
  • un museo,
  • un centro sociale occupato recentemente chiuso per droga,
  • la sede occasionale di serate di musica elettronica (anche per il programma di Vilnius – European Capital of Culture 2009).

A proposito di neoclassicismo, incredibile che alla voce di Wikipedia “Neoclassical architecture” la prima immagine dimostrativa è la cattedrale di Vilnius.

(testo e foto di Angelamaria Fiori)

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